Come funziona
Chi si trova intrappolato in una difficoltà psicologica ciò che desidera ardentemente è un cambiamento.
Ed è proprio il cambiamento l’oggetto di studio dell’approccio strategico: il cambiamento nei sistemi umani. Spesso le difficoltà sono il frutto di tentativi di soluzioni che hanno prodotto, nel tempo, una condizione simile ad una trappola da cui si fatica ad uscire.
In Terapia strategica non si lavora dunque nel passato (tranne in alcuni casi in cui il passato invade il presente) ma fin dalla prima seduta si cerca di individuare tutto ciò che mantiene il problema qui e adesso e quali strategie siano più adatte a creare un cambiamento efficace e duraturo
Obiettivo dell’intervento terapeutico è lo “sblocco” del punto di osservazione, dalla posizione originaria rigida e disfunzionale ad una prospettiva più elastica, funzionale e con maggiori possibilità di scelta.
Per fare ciò, si utilizza il metodo scientifico evoluto di “diagnosi-intervento”.
L’approccio prevede l’utilizzo di esercizi a casa (cose da fare e da pensare) finalizzati a creare dei piccoli cambiamenti: una terapia psicologica non può essere efficace ed efficiente se non agisce modificando anche l’agire oltre che il pensare. Molti approcci psicologici dimenticano questa seconda modalità che spesso è la via più veloce.
Le strategie e le tattiche possono essere particolarmente creative ma perfettamente calzanti all’individuo rispettando la sua unicità e il suo linguaggio.
Quando l’intervento strategico funziona si osserva, di solito, un netto miglioramento sin dalle prime sedute ed un progressivo cambiamento con un aumento dell’autostima personale.
Sarà la misurazione dei risultati di volta in volta prodotti – non solo tra l’inizio e la fine della terapia, ma durante ogni singola fase del processo– a guidare i passi successivi.
Il “piano terapeutico” viene valutato caso per caso, ma solitamente la frequenza delle sedute ha cadenza ogni due settimane. Per verificare la solidità dell’intervento sono previsti colloqui di controllo a distanza di 3 mesi,6 mesi e infine a un anno.
Per ottenere un grande cambiamento si può cominciare con piccoli passi: il cambiamento può iniziare con piccoli passi che aiutano a fare altre piccole cose che fanno, a loro volta, mettere in moto una catena di micro-cambiamenti.
Come quando si inizia a far scendere una piccolissima palla di neve dalla cima della montagna, essa rotola da sola per creare la valanga; e così accade per il cambiamento.
Il fine ultimo della terapia è quello di costruire autonomia e indipendenza.
Costrutto scientifico e operativo
Il costrutto operativo centrale è quello di “tentata soluzione che alimenta il problema”.
Quando ci troviamo di fronte a una difficoltà – sia essa personale, relazionale o professionale - la prima cosa che ci viene da fare per risolverla è utilizzare una strategia che ci appare produttiva, magari perché ha funzionato nel passato per una difficoltà simile.
Se la strategia scelta funziona, la difficoltà si risolve in breve tempo. Capita però talvolta che la nostra strategia non funzioni come ci saremmo aspettati e che questo ci porti a intensificare ulteriormente i nostri sforzi in quella direzione, dal momento che la soluzione pensata ci appare ancora la più logica, ovvia, o la unica possibile.
Ma più applichiamo questa strategia, più la difficoltà iniziale sembra non solo non risolversi, ma addirittura complicarsi, trasformandosi in un vero e proprio problema strutturato.
In questi casi sono proprio gli sforzi compiuti in direzione del cambiamento a mantenere la situazione immutata, ovvero: le “tentate soluzioni” messe in atto (dal soggetto e dalle persone a lui vicine) per cercare di risolvere il problema finiscono per alimentarlo e determinarne così la persistenza.
Per esempio, se io ho paura di uscire di casa, e per rassicurarmi chiedo sempre di essere accompagnato, da una parte mi sentirò tranquillo perché saprò a chi chiedere aiuto, ma dall’altra alimenterò la mia sensazione di non essere in grado di farcela da solo. Così si innescherà un circolo vizioso per il quale più ho avrò paura più chiederò aiuto, ma più chiederò aiuto più mi sentirò incapace, e quindi la mia paura aumenterà.
Il terapeuta strategico nel lavoro di soluzione del disturbo avrà innanzitutto il compito di individuare e modificare queste “tentate soluzioni” disfunzionali per poi costruire, attivamente insieme, un modo più utile e funzionale di affrontare la realtà, che sia personale, lavorativa o familiare.
Efficacia e risultati
Come riportato dal sito di riferimento (www.centroditerapiastrategica.com) l’approccio breve strategico alla terapia è “evidence based” (Szapocznik et al., 2008, Castelnuovo et al., 2010, Gibson et al., 2016, Lock, 2002, 2009, 2010, Nardone, Salvini, 2013, Robin et. al., 1994, 1999)
È riconosciuto come “best practice” per alcune importanti psicopatologie: disturbo ossessivo compulsivo, binge eating, anoressia giovanile, attacchi di panico, violenze familiari e comportamenti antisociali.
In particolare il modello, formulato da Paul Watzlawick ed evoluto da Giorgio Nardone (Brief strategic therapy, Giorgio Nardone’s Model), oltre ad essere empiricamente e scientificamente validato (Nardone, 2015; Pietrabissa, Gibson, 2015; Nardone, Salvini, 2014; Castelnuovo et al. 2011; Watzlawick, 2007; Jackson et al. 2018) nell’arco di oltre 25 anni ha portato alla formulazione di protocolli evoluti di terapia breve, composti di tecniche innovative costruite ad hoc per sbloccare le particolari tipologie di persistenza proprie delle più importanti patologie psichiche e comportamentali (Nardone, Balbi, 2015).
Dai risultati si evidenzia come gli esiti positivi dell’applicazione del modello si attestano sul 88% dei casi trattati con efficacia ancora più elevata per i disturbi fobici-ossessivi dove raggiunge il 95%.
L’efficienza relativa alla completa guarigione dal disturbo (che include tre incontri di follow-up) si attesta su una media di 7 sedute per l’intero trattamento. Se invece consideriamo l’azzeramento del disturbo invalidante, ovvero lo sblocco della sintomatologia, nella totalità del campione si è realizzato entro le prime 4 sedute, ovvero a 2/3 mesi dall’inizio della terapia
Risultati di efficacia dei protocolli di trattamento:
- Disturbi fobici e ansiosi (95% dei casi)
- Disturbi ossessivi e ossessivo-compulsivi (89% dei casi)
- Disordini alimentari (83% dei casi)
- Disfunzioni sessuali (91% dei casi)
- Disturbi dell’umore (82% dei casi)
- Disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza (82% dei casi)
- Disturbi legati alla dipendenza da internet (80% dei casi)
- Presunte psicosi, disturbo borderline e di personalità (77% dei casi)
Di fronte a questi dati, si può ribadire che il fatto che le psicopatologie possano essere decisamente sofferte e persistenti da anni non significa che la terapia debba essere altrettanto sofferta e prolungata nel tempo.
Con le parole di William Shakespeare, “non c’è notte che non veda il giorno”.
Origini e accenni storici
Dagli anni ’40 al 1980 l’ipnotista Milton Erickson sviluppò un modello di terapia molto originale. Per la sua geniale capacità di problem solving fu spesso accusato di interventi terapeutici “magici” e “miracolosi”. In realtà, di magico e miracoloso c’era ben poco, se non appunto la sua grande maestria nel trovare soluzioni semplici a problemi complessi.
Assieme al suo lavoro clinico, la teoria della comunicazione nata con l’antropologo Gregory Bateson, gli sviluppi costruttivisti della teoria cibernetica (Heinz von Foerster, Ernst von Glasersfeld), confluiscono poi nella cosiddetta Scuola di Palo Alto, di cui Paul Watzlawick è il maggior esponente.
Seppur le origini più antiche dell’approccio strategico risiedano nelle tradizioni elleniche della retorica dei sofisti e in quelle cinesi dell’arte dello stratagemma, si deve proprio alla Scuola di Palo Alto la formulazione del modello di Terapia Breve e in particolare a Paul Watzlawick l’opera di approfondimento e sistematizzazione dei principi teorico-applicativi della comunicazione terapeutica.
Con Giorgio Nardone, allievo e collaboratore di Watzlawick, si ha la moderna evoluzione dell’approccio strategico. Il suo maggior contributo è la messa a punto di specifici protocolli di trattamento per specifici disturbi, e la formalizzazione di un proprio originale modello di Terapia Breve Strategica Evoluto.
Attualmente il modello è applicato con successo da centinaia di specialisti formati da Giorgio Nardone e costantemente in evoluzione, rendendolo così una forma di avanzata tecnologia terapeutica, che da oltre 25 anni dimostra la sua fecondità ed efficacia.
Le basi epistemologiche del modello evoluto sono il costruttivismo radicale (E. von Glasersfeld, H. von Foerster), la teoria dei sistemi (E. von Bertalanffy), la pragmatica della comunicazione (P. Watzlawick, Beavin, Jackson), la logica strategica (J. Elster, N. Da Costa, G. Nardone) e la moderna teoria dei giochi (J. von Neumann).